IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nella causa civile iscritta al n.  15643/09  del  Ruolo  Generale
avente per oggetto: risarcimento danni da incidente stradale. 
    Promossa da Castaldo Davide residente in Torino, ed elettivamente
domiciliato  in  Torino,  c.  Tassoni,  n.  12,  presso   lo   studio
dell'avvocato Massimo Perrini che lo rappresenta e  difende  come  da
delega in atti. 
    Contro  Uniqa   Protezione   s.p.a.   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore con sede in Udine, Viale Venezia n. 99  ed
elettivamente domiciliata in Torino, c. Matteotti  n.  53  presso  lo
studio dell'avvocato Angelo Formica che la rappresenta e  difende  in
forza di  delega  in  atti,  convenuta,  nonche'  contro  Arcuri  Teo
residente in Rivalta (Torino), v. Giaveno n.  46/2,  altro  convenuto
contumace. 
    Il  Giudice  di  pace  dott.  Polotti  di  Zumaglia  Alberto   ha
depositato la seguente ordinanza. 
    Premesso: 
        con atto di citazione notificato il 26  marzo  2009  il  sig.
Castaldo Davide conveniva in giudizio la Uniqa  Assicurazioni  s.p.a.
chiedendo il risarcimento dei danni alla persona patiti a seguito  di
incidente stradale verificatosi il 31 gennaio 2008; asseriva l'attore
che in tale data era trasportato sulla Lancia Y  targata  CS965AF  di
proprieta'  e  condotta  dal  sig.  Arcuri  Teo  assicurata  per   la
responsabilita' civile obbligatoria dalla Uniqa Assicurazioni s.p.a.,
e che detto veicolo veniva urtato dalla Fiat Tipo targata TO41297R di
proprieta'  del  sig.  Barbagiovanni  Luca  ed  assicurata   per   la
responsabilita' civile obbligatoria dalla Reale Mutua Assicurazioni; 
        all'udienza di comparizione il g.d.p. rilevava la  necessita'
di integrare il contraddittorio nei confronti del vettore che  veniva
quindi evocato in giudizio dalla difesa attorea  senza  che  peraltro
esso vettore provvedesse a costituirsi in  giudizio  alla  successiva
udienza, per cui verificata la presenza delle condizioni di legge  ne
veniva dichiarata la contumacia; sempre all'udienza  di  comparizione
la difesa attorea dichiarava che per mero  errore  aveva  evocato  in
giudizio  l'Uniqa  Assicurazioni  s.p.a.   omettendo   l'esatta   sua
denominazione  di  Uniqa  Protezione  e  quest'ultima  si  costituiva
regolarmente in  giudizio  alla  successiva  udienza  dichiarando  in
sostanza di assumere  la  gestione  della  lite  in  luogo  di  Uniqa
Assicurazioni s.p.a. che veniva quindi estromessa dal giudizio; 
        espletate le prove  ammesse,  le  parti  all'udienza  del  19
ottobre 2009 precisavano le conclusioni e  chiedevano  che  la  causa
venisse trattenuta a sentenza; la  difesa  attorea  chiedeva  in  via
preliminare, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  139,  decreto
legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in riferimento agli articoli 2,
3, 10, 24 e 32 della Costituzione, sospendersi il giudizio e disporre
l'immediata trasmissione degli atti  alla  Corte  costituzionale  cui
questo  giudice  provvedeva  con  ordinanza  del  30  novembre  2009,
iscritta al n. 224 del registro delle  ordinanza  2010  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie speciale, n. 35 dell'anno 2010; 
        la Corte costituzionale con ordinanza n. 157 depositata il 28
aprile 2011 dichiarava manifestamente inammissibile la  questione  di
legittimita'  costituzionale   cosi'   sollevata   precisando:   «che
nell'ordinanza  di  rimessione  e'  da  rilevare  una   insufficiente
descrizione della fattispecie concreta che non  consente  un'adeguata
valutazione dell'effettiva rilevanza della questione, dal momento che
il rimettente, nel lamentarsi del fatto che la  norma  impugnata  non
consente l'integrale risarcimento del danno non  patrimoniale  subito
dal danneggiato, non indica l'eta' di quest'ultimo (art.  139,  comma
1, lettera a), non spiega quale danno ha  subito,  non  indica  quale
decreto ministeriale intenda  applicare  (art.  139,  comma  5),  non
enuncia l'entita' del risarcimento del danno  che  sarebbe  liquidato
facendo applicazione  del  d.m.  rilevante,  non  chiarisce  se  tale
importo sia aumentabile di un quinto (art. 139, comma 3), non enuncia
le ragioni per cui tale somma non sarebbe sufficiente  malgrado  tale
aumento, non  esplica,  infine,  quale  somma  sarebbe  corretta  per
risarcire  completamente  il  danno  alla   persona;   che   siffatte
omissioni, impedendo secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte, di  verificare  la  rilevanza  della  questione  proposta,  in
relazione alla peculiarita' della fattispecie, rendono  la  questione
stessa manifestamente inammissibile. 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative  per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
    Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara manifestamente
inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n.  309  (Codice  delle
assicurazioni private), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3,
24 e 76 della  Costituzione,  dal  Giudice  di  pace  di  Torino  con
l'ordinanza in epigrafe ... 
    L'attore riassumeva il giudizio  e,  all'udienza  del  25  luglio
2011, la causa veniva nuovamente assegnata a decisione. 
 
                            O s s e r v a 
 
    Occorre premettere che nel giudizio in corso nessuna questione e'
stata sollevata in ordine alla responsabilita' che pertanto e'  stata
considerata pacifica dalle parti, in quanto l'attore,  trasportato  a
titolo di cortesia su un veicolo coinvolto in un sinistro  con  altro
identificato ed  assicurato  puo'  comunque  avvalersi  del  disposto
dell'art. 141 codice delle assicurazioni. 
    Le parti hanno anche  concordato  le  conseguenze  lesive  patite
dall'attore sulla base di un'invalidita' temporanea parziale  al  50%
di giorni 10, un'invalidita' temporanea parziale al 25% di giorni  15
ed un'invalidita' permanente biologica dell'1,5%,  oltre  alle  spese
mediche, per cui al giudicante non resta che quantificarle. 
La persona del leso ed il danno da esso patito. 
    Dagli atti di causa risulta: che il danneggiato,  di  professione
elettricista, e'  nato  il  13  novembre  1973  ed  il  fatto  si  e'
verificato il 31 gennaio 2008 per cui esso danneggiato  a  tale  data
aveva anni 35; che il danno da esso subito e'  rappresentato  da  una
distorsione al rachide cervicale  per  la  quale  l'assicuratrice  ha
formulato, il 6 aprile 2009, a sensi dell'art.  148  cod.  assic.,  e
sulla base delle conseguenza lesive che non  sono  state  oggetto  di
contestazione, offerta reale di euro 2.500,00, di cui euro 210,30 per
i 10 giorni di invalidita' temporanea parziale al 50% euro 157,73 per
i  15  giorni  invalidita'  parziale  al  25%   euro   1.015,10   per
l'invalidita' permanente biologica dell'1,5%  ed  euro  1.116,81  per
spese mediche. 
La valutazione del danno ai sensi dell'art. 139  cod.  assic.  ed  il
conseguente aumento del 20%: insufficienza. 
    Occorre a questo  punto  effettuare  una  valutazione  del  danno
patito dall'autore quale ritenuta da questo  giudice  congrua  tenuto
conto delle caratteristiche del caso in esame, dopo  aver  effettuato
le  valutazioni  che  si  ottengono  invece  con  il  riferimento  ai
parametri di legge ed a quelli giurisprudenziali. Va rilevato che  la
percentuale dell'1,5% per l'invalidita' permanente,  unitamente  alla
temporanea non contestata per 10 giorni a parziale massima  e  di  15
giorni a parziale minima concordata  dalle  parti  per  il  danno  al
rachide cervicale riportato dall'attore, appare  comunque  congrua  a
questo giudice in relazione a quanto risulta in atti perche'  non  e'
in contrasto con le  indicazioni  del  decreto  del  Ministero  della
salute 3 luglio 2003 (in G.U. n.  211  dell'11  settembre  2003)  che
riporta la tabella delle menomazioni alla integrita'  psicofisica  ed
e' anzi ad essa conforme. 
    Effettuate poi delle valutazioni con riferimento  ai  criteri  di
legge, confrontandole  con  quelli  utilizzati  alla  giurisprudenza,
occorrera'  chiedersi  se   tali   criteri   consentano   un'adeguata
personalizzazione del danno, e quindi un suo integrale  risarcimento,
provvedendo  quindi   alla   sua   relativa   quantificazione   quale
considerata invece corretta ed obbiettiva. 
    Sulla base della valutazione pecuniaria del danno effettuata  con
riferimento ai valori di cui al decreto del Ministero dello  sviluppo
economico del 17 giugno 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
27 giugno 2011, n. 147, e con il  quale  sono  stati  aggiornati  gli
importi del risarcimento del danno biologico  per  lesioni  di  lieve
entita' derivanti  da  sinistri  conseguenti  alla  circolazione  dei
veicoli a motore e dei natanti come previsto dal  comma  5  dell'art.
139 del d.lgs. n. 209/2005) applicabile ratione temporis, si  ottiene
euro 1.062,65 per il danno biologico permanente dell'1,5% euro 221,44
per il danno biologico temporaneo parziale di 10  giorni  al  50%  ed
euro 166, 05 per il danno biologico temporaneo parziale al 25% di  15
giorni e cosi' in totale euro 1.450,14. 
    Occorre pero'  tenere  conto  che  l'attore  ha  riportato  delle
conseguenze lesive anche sul piano delle  sue  condizioni  soggettive
posto che e' stato comprovato, nel corso dell'istruttoria, che gli e'
impedito  di  effettuare  attivita'  o  lavori  che   comportino   la
necessita' di rivolgere la testa verso  l'alto.  Tanto  rende  allora
necessario incrementare l'importo  come  sopra  riconosciuto  per  il
danno biologico del 20% come consentito dal comma 3 dell'art. 139 del
d.lgs. n. 209/2005 per cui detto importo  di  euro  1.450,14  diventa
euro 1.740,16, dovendosi aggiungere per tale operazione  di  aumento,
euro 290,02 cui dovranno ancora sommarsi euro 1.116,81 per  le  spese
mediche come risultanti in atti, oltre all'importo di euro 240,00 per
la visita medico-legale che portera' ad un danno totale, solo per  le
voci  di  danno   predette,   di   euro   3.096,97   importo   questo
corrispondente  ad  un  danno  che  comunque   non   potrebbe   venir
considerato  risarcito  con  l'offerta  di  euro  2.500,00  (sia  pur
adeguata ad  oggi)  formulata  dall'assicuratrice  dopo  la  notifica
dell'atto di citazione e senza nulla riconoscere a titolo di spese di
patrocinio che ovviamente dovevano venir richieste  con  il  giudizio
proposto. 
    In ordine al decreto ministeriale applicabile ratione temporis  a
sensi del comma 5 dell'art. 139 cod. assic. si puo' ancora  osservare
che ad oggi e' applicabile il decreto del  Ministero  dello  sviluppo
economico  del  17  giugno  2011  ma   anche   qualora   nelle   more
dell'eventuale  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,   venisse
emanato un nuovo decreto ministeriale, la questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  139  cod.  assic.  qui  sollevata,  sarebbe
comunque attuale e rilevante. Infatti, il Ministero competente con il
decreto annuale previsto dall'art. 139 si limita a disporre l'aumento
dei valori mediante l'adeguamento degli stessi al costo  della  vita,
aumento del quale non potrebbe non tener conto il  giudicante  e  del
quale tengono notoriamente conto anche le tabelle  milanesi  che  pur
non  essendo  termine  di  paragone  per  la  presente  questione  di
legittimita'  costituzionale,  restano  comunque,   ad   avviso   del
giudicante  e  della  giurisprudenza   di   legittimita',   parametro
dell'equita' e notoriamente vengono anch'esse aggiornate  annualmente
per adeguarle all'inflazione dal che ne discende la  ininfluenza  del
decorrere del  tempo  e  dell'eventuale  promulgazione  di  un  nuovo
decreto ministeriale in relazione alla questione di legittimita'  che
qui si solleva. 
    Non resta a questo punto che chiedersi se  l'importo  come  sopra
conteggiato per il danno biologico a sensi dei criteri dell'art.  139
del d.lgs. n. 209 del 2005 e dei valori  economici  adeguati  con  il
d.m. del 17 giugno 2011 possa venir considerato satisfattivo o  meno.
Occorre in sostanza chiedersi se l'incremento dell'importo  tabellare
di euro 290,02 consentito dal comma 3 del richiamato art. 139  possa,
con  l'importo  previsto  dalla  tabella,  e  cosi'  in  totale  euro
1.740,16, considerarsi adeguato risarcimento del  caso  concreto  con
adeguata personalizzazione del  danno  biologico  in  funzione  delle
condizioni soggettive dell'infortunato. 
    Nel caso di specie e' stato comprovato che  l'attore  non  riesce
piu' ad effettuare lavori su soffitti non potendo mantenere la  testa
rivolta verso l'alto,  il  che  significa  non  solo  il  sorgere  di
difficolta' nell'ambito lavorativo, ma anche nell'ambito familiare  o
sociale, avendo esso attore, difficolta', sia pur solo, per  cambiare
una lampadina in casa od attaccare un quadro. Si tratta,  dunque,  di
conseguenze di un certo rilievo sul piano delle condizioni soggettive
del danneggiato, che e' comunque soggetto ancor in giovane eta',  che
si trova ad essere  in  un  certo  senso  menomato  anche  nelle  sue
relazioni familiari e con altri soggetti e che ha  dovuto  affrontare
cure mediche di  notevole  durata  ed  impegno  come  dimostrato  dal
rilevante importo e dalla molteplicita' delle stesse, comprovati  con
adeguata documentazione, il che dimostra che si e' dovuto  affrontare
una tipologia di cure specifiche e di  diversa  efficacia  da  quelle
adottate nei normali casi  di  lesione  al  rachide  cervicale.  Tali
conseguenze,  secondo   l'incremento   normativamente   previsto   in
relazione alle condizioni soggettive del danneggiato,  si  vorrebbero
risarcite con euro 290,02, importo questo che non  si  ritiene  certo
conforme ad equita', tenuto anche conto,  nel  caso  di  specie,  del
ridotto importo riconosciuto dalla tabella di legge per  un  1,5%  di
danno biologico permanente. 
    Occorre a questo punto rilevare che il comma 3 dell'art. 139  del
d.lgs. n. 209 del  2005  precisa  testualmente  che  l'ammontare  del
risarcimento del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1  puo'
essere aumentato dal giudice in misura non superiore  ad  un  quinto,
con equo e motivato apprezzamento  delle  condizioni  soggettive  del
danneggiato. Si consente in sostanza un aumento  di  quanto  previsto
dalla tabella, aumento da operarsi, pero', in via  equitativa  e  con
riferimento alle condizioni soggettive del singolo danneggiato ma con
il limite di un quinto. 
La liquidazione equitativa del danno alla persona. 
    Per meglio inquadrare le questioni che si  vengono  a  porre  nel
caso di specie e' allora il caso di  specie  e'  allora  il  caso  di
ricordare essere stato precisato dalla Suprema Corte che il  concetto
di equita'  racchiude  in  se'  due  caratteristiche.  «La  prima  e'
l'essere essa uno  strumento  di  adattamento  della  legge  al  caso
concreto. La norma giuridica infatti, in quanto astratta non puo' mai
prevedere tutte  le  ipotesi  concretamente  verificabili.».  L'altra
caratteristica dell'equita' e' «... la funzione di garantire l'intima
coerenza dell'ordinamento, assicurando  che  casi  uguali  non  siano
trattati  in  modo  diseguale,  o  viceversa:  sotto  questo  profilo
l'equita' vale  ad  eliminare  le  disparita'  di  trattamento  e  le
ingiustizie. Alla nozione di equita'  e'  quindi  consustanziale  non
solo l'idea di adeguatezza, ma anche quella di proporzione ...  Cosi'
intesa, l'equita', costituisce strumento  di  eguaglianza,  attuativo
del precetto di cui all'art. 3 Cost., perche' consente di trattare  i
casi dissimili in modo dissimile, ed i casi analoghi in modo analogo,
in quanto tutti ricadenti sotto la disciplina della medesima norma  o
dello stesso principio ... La regola della proporzione, intesa  quale
parita' di trattamento, e' gia' stata affermata in numerose occasioni
sia dalla Corte costituzionale che dalla  Corte  di  cassazione,  con
riferimento alla liquidazione del danno biologico. 
    Nella motivazione della sentenza  14  luglio  1986,  n.  184,  la
Consulta chiari' che nella liquidazione  del  danno  alla  salute  il
giudice deve combinare due elementi:  da  un  lato  una  "uniformita'
pecuniaria di base", la quale assicuri che lo stesso tipo di  lesione
non sia valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto;
dall'altra elasticita' e flessibilita', per adeguare la  liquidazione
all'effettiva incidenza della menomazione sulle attivita' della  vita
quotidiana. 
    Il criterio della compresenza di uniformita' e  flessibilita'  e'
stato condiviso da questa Corte, la quale ha ripetutamente  affermato
che nella liquidazione del danno biologico il giudice del merito deve
innanzitutto individuare un parametro  uniforme  per  tutti,  e  poi,
adattare quantitativamente o  qualitativamente  tale  parametro  alle
circostanze del caso  concreto.».  (Cass.  civ.  7  giugno  2011,  n.
12408). 
    In altra occasione si e' anche  ribadito  che  «...  in  tema  di
liquidazione del danno non patrimoniale, nei diversi aspetti  o  voci
di cui tale  unitaria  categoria  si  compendia,  l'applicazione  dei
criteri   di   valutazione   equitativa,   rimessa   alla    prudente
discrezionalita'  del  giudice  deve  consentirne  ...   la   maggior
approssimazione possibile all'integrale risarcimento; a tal fine tali
criteri devono essere pertanto idonei a garantire anche la cosiddetta
personalizzazione del danno.». (Cass. civ. 30 giugno 2011, n. 14402). 
    Ma se la personalizzazione del danno deve essere  effettuata  con
riferimento  al  criterio  equitativo  e  l'equita'  deve  avere   le
caratteristiche  appena   delineate   e'   chiaro   che   l'integrale
risarcimento del danno in esame, con ricorso  a  tale  criterio,  non
potra' ottenersi con  l'applicazione  delle  tabelle  di  legge,  che
fungono da limite legale  (ma  solo  per  i  danni  conseguenti  alla
circolazione dei  veicoli  dei  natanti)  al  potere  equitativo  del
giudice in relazione alla domanda svolta nel  presente  giudizio  nei
confronti dell'assicuratore della RCA, viste  le  conseguenze  lesive
attribuibili all'incidente quali evidenziate in precedenza. 
    Infatti, i predetti valori appaiono oggettivamente  insufficienti
sia in cifra assoluta che in relazione con quanto, per danni analoghi
ma aventi diversa eziologia, appare equo liquidare. 
    A titolo di confronto si puo' rilevare  che  la  valutazione  del
danno, ove effettuata con le tabelle 2011  del  Tribunale  di  Milano
(scelte dalla Suprema Corte con la sentenza 7 giugno 2011, n.  12408,
per la liquidazione del danno  biologico  in  difetto  di  previsioni
normative come l'art. 139 del codice  delle  assicurazioni)  comporta
che l'1,5% di danno  biologico  in  un  soggetto  di  anni  35  venga
valutato  in  euro  1.782,50  cui  si  dovra'  sommare   l'inabilita'
temporanea, calcolata sulla base di euro 91,00  al  giorno  (riferita
all'inabilita'  temporanea  totale),  che,  nel   caso   di   specie,
porterebbe ad euro 455,00 per i 10 giorni  di  inabilita'  temporanea
parziale al 50% oltre ad  euro  341,25  per  l'inabilita'  temporanea
parziale al 25% di giorni 15, cosi' ottenendosi  un  totale  di  euro
2.578,75, cui dovra' ancora sommarsi un quid in  via  equitativa  per
l'adeguamento   della   liquidazione   al   caso    concreto    perla
personalizzazione dello stesso, aumento che  potra'  giungere  ad  un
massimo del 50% come previsto da detta tabella. E', dunque,  evidente
la sproporzione tra la valutazione di legge e quella adottata con  le
tabelle gia' in uso presso la maggior parte dei  Tribunali  italiani,
anche se occorre tener presente che le tabelle milanesi tengono conto
(come evidenziato nelle istruzioni dell'Osservatorio per la Giustizia
civile  di  Milano)   del   danno   biologico   nei   suoi   risvolti
anatomo-funzionali e relazionali medi ovvero peculiari,  nonche'  del
danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni  in  termini
di  dolore,  sofferenza  soggettiva,  in  via  di   presunzione,   in
riferimento ad un dato  tipo  di  lesione,  mentre  quelle  di  legge
tengono conto solo del danno biologico quale definito dall'art. 139. 
    Come, infatti, si e' appena rilevato il danno patito  dall'attore
verrebbe valutato con i criteri di cui all'art. 139 in euro  1.450,14
per il danno biologico oltre ad euro 290,02 per l'incremento  di  cui
al comma 3 di detta norma e cosi' in totale euro 1.740,16, contro  un
importo di euro 2.578,75, solo per il danno  biologico  e  quindi  al
netto  dell'incremento  corrispondente  alla  personalizzazione   del
danno, laddove si faccia riferimento alla tabelle di Milano. 
La somma che in concreto il giudice ritiene equa per il  risarcimento
del danno. 
    Ritiene questo giudice che in  considerazione  delle  conseguenze
lesive  influenti  pesantemente  sulle   condizioni   soggettive   di
danneggiato in ancor giovane eta',  quali  in  precedenza  delineate,
l'importo di euro  1.740,16  previsto  dalla  tabella  di  legge  non
consenta  l'integrale  risarcimento   del   danno   non   permettendo
un'adeguata  personalizzazione  e  possa   essere   solo   preso   in
considerazione  come  base  per  una  valutazione  uguale  per   ogni
danneggiato con  identica  percentuale  di  invalidita',  nonche'  di
conseguenze lesive, e dalla  quale  partire  per  addivenire  ad  una
liquidazione del danno biologico secondo la definizione che ne  viene
fornita dall'art. 139 cod. assic.  danno  che  si  ritiene  equamente
risarcito solo  con  il  globale  importo  di  euro  2.940,24  (oltre
ovviamente alle spese mediche, di consulenza e di lite). 
    Si rileva che tale importo, ai soli fini di valutarne  l'equita',
senza che si intenda porre in relazione la norma  di  legge  con  una
tabella  costituita  dalla  media  delle  liquidazioni,  e'  comunque
inferiore a quanto si riconoscerebbe  con  le  tabelle  milanesi  una
volta incrementate con l'importo relativo alla personalizzazione  del
danno. 
    Con tale operazione si e' percio' tenuto conto delle  tabelle  di
legge integrate, pero', equitativamente per la personalizzazione  del
danno, sia in relazione alla  base  di  partenza  che  all'incremento
equitativo in relazione alle condizioni soggettive del danneggiato  e
non si e' tenuto conto delle conseguenze delle lesioni in termini  di
dolore, sofferenza  soggettiva  che  sono  invece  considerate  nella
tabella di Milano ritenuta, come ormai  deciso  dalla  Suprema  Corte
(con la sentenza n. 12408/2011) il valore da ritenersi equo, e  cioe'
quello in grado di garantire la parita' di trattamento e da applicare
in  tutti  i  casi  in  cui  la  fattispecie  concreta  non  presenti
circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entita'. 
    Ma se si prendono in considerazione, sia pur in  via  presuntiva,
come ritenuto da certa giurisprudenza, anche le ulteriori conseguenze
dannose in termini di dolore e sofferenza soggettiva, prese invece in
considerazione dalla tabella di Milano, si vede come i  soli  importi
consentiti dalla tabella di legge siano  ancor  piu'  lontani  da  un
adeguato risarcimento  del  danno.  E  per  tale  voce  di  danno  e'
intenzione di questo giudice riconoscere l'ulteriore importo di  euro
300,00. In ognicaso, gia' l'attuale conteggio come sopra effettuato e
senza  il   conteggio   del   danno   morale   soggettivo   evidenzia
l'impossibilita'  di  un  risarcimento  adeguato  del  danno   patito
dall'attore cosi' evidenziandosi sempre  piu'  la  necessita'  di  un
esame  della  costituzionalita'  dell'art.  139  del   codice   delle
assicurazioni. 
La liquidazione del danno alla  persona  effettuata  sulla  base  dei
criteri di cui all'art. 139 cod. assic.: oggettivamente insufficiente
e contraria all'equita'. 
    In ordine all'utilizzo delle tabelle di legge per il risarcimento
dei  danni  da  micropremanenti  conseguenti  alla  circolazione  dei
veicoli e' da rilevare come la Suprema Corte (con la gia'  richiamata
sentenza n. 12408/2011) abbia precisato testualmente: «Quante  volte,
dunque la lesione derivi dalla circolazione di veicoli a motore e  di
natanti, il danno non patrimoniale da micro permanente non potro' che
essere liquidato, per tutti i pregiudizi  areddittuali  che  derivino
dalla lesione del diritto alla salute entro i limiti stabiliti  dalla
legge mediante il rinvio al decreto annualmente emanato dal  Ministro
delle attivita' produttive (ex art. 139, comma 5), salvo l'aumento da
parte del giudice, "in misura non superiore ad un quinto con  equo  e
motivato apprezzamento delle condizioni soggettive  del  danneggiato"
(art. 139, comma 3). 
    Solo entro tali limiti il collegio ritiene di  poter  condividere
il principio enunciato da Cass. 17 settembre 2010, n. 19816,  che  ha
raccolto il ricorso in un caso nel quale il  risarcimento  del  danno
"morale" era stato negato sul presupposto che  la  tabella  normativa
non prevede la liquidazione.». 
    Con tali premesse e' la Suprema  Corte  ad  aver  evidenziato  le
ragioni  dell'insufficienza  del  risarcimento   secondo   i   valori
dell'art. 139 cod. assic., venendo, di fatto, chiarito che  l'equita'
sta nei livelli di risarcimento delle tabelle milanesi. La Cassazione
prende poi  atto  che  l'art.  139  costituisce  comunque  il  limite
stabilito dalla legge, per il risarcimento del danno non patrimoniale
anche con riguardo al pregiudizio di tipo morale. Ma in tal  modo  si
evidenzia anche la contrapposizione che  si  viene  a  porre  tra  la
liquidazione dei danni alla persona conseguenti alla circolazione dei
veicoli e dei natanti e gli altri  e  tale  squilibrio  e'  contrario
all'equita' dal momento che il risarcimento deve  tendere  a  fissare
parametri uguali per tutti. 
    Al di la dello squilibrio cosi'  evidenziato  resta  comunque  il
fatto che i valori che si ottengono con la liquidazione effettuata  a
sensi di legge risultano insufficienti come risulta dal confronto con
i conteggi in  precedenza  effettuati  e  con  l'importo  che  questo
giudice ritiene conforme ad equita',  tanto  piu'  se  si  prende  in
considerazione anche un quid per il danno morale. 
    A questo punto resta ulteriormente confermata  la  necessita'  di
esame della questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  139
del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, gia' sollevata con la precedente
ordinanza posto che tanto diventa  vieppiu'  rilevante  al  fine  del
decidere  per  cui   non   resta   che   richiamare   brevemente   le
argomentazioni salienti illustrate con detta  ordinanza  integrandole
ove opportuno e che di seguito vengono riportate. 
Sulla non manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209. 
    1) Violazione dell'art. 2 della Costituzione per la fissazione di
un limite al risarcimento del danno alla persona  senza  un  adeguato
contemperamento degli interessi in gioco. 
    Il quesito  che  ci  si  deve  preliminarmente  porre  e'  se  il
legislatore possa stabilire che la vittima di un  illecito  aquiliano
non possa pretendere piu' di una somma  predeterminata  a  titolo  di
risarcimento   indipendentemente   dall'effettiva   consistenza   del
pregiudizio subito. 
    Di tale questione la Corte costituzionale ebbe  ad  occuparsi  in
svariate occasioni. 
    Per quanto qui interessa  e  per  i  risvolti  che  le  decisioni
adottate possono riverberare sulla questione qui sollevata,  si  puo'
ricordare la sentenza 2 maggio 1985, n. 132, con la  quale  la  Corte
costituzionale venne chiamata a stabilire se fossero o meno  contrari
alla Costituzione gli articoli 1 della legge 19 maggio 1932, n. 841 e
2 della legge 3 dicembre 1962, n. 1832, nella  parte  in  cui,  dando
esecuzione all'art. 22 della Convenzione di Varsavia del  12  ottobre
1929 e successive modifiche, stabilivano che la  responsabilita'  del
vettore aereo per  il  risarcimento  del  danno  alla  persona  fosse
contenuta entro il limite di 250.000 franche Poincare'. 
    In  motivazione  detta  sentenza  osservo':  «Si   puo'   intanto
precisare che l'aver comunque sancito un limite alla  responsabilita'
del  vettore  non  basta  ad  integrare  la  prospettata  ipotesi  di
illegittimita' costituzionale sebbene importi una deroga al principio
del risarcimento integrale del  danno  ...  Occorre  vedere  piu'  da
vicino se la limitazione dell'obbligo risarcitorio  sia  giustificata
dallo stesso contesto normativo in cui essa si colloca, nel senso che
la denunciata disciplina pattizia riesca a comporre gli interessi del
vettore con un sistema di ristoro del danno non  lesivo  della  norma
costituzionale di raffronto ... Ad avviso della Corte deve  trattarsi
di  una  soluzione  normativa  atta   ad   assicurare   l'equilibrato
componimento degli  interessi  in  gioco:  e  dunque,  per  un  verso
sostenuta dalla necessita' di non comprimere indebitamente  la  sfera
di iniziativa economica del vettore, per l'altro, congeniata  secondo
criteri che, in ordine all'imputazione della responsabilita'  o  alla
determinazione della consistenza del limite in  discorso,  comportano
idonee e specifiche salvaguardie del  diritto  fatto  valere  da  chi
subisce il danno ...». 
    Nei termini in cui essa e'  configurata  «...  la  norma  che  di
fronte alle lesioni corporee ... esclude  il  ristoro  integrale  del
danno non e' assistita da un idoneo titolo giustificativo. 
    Occorre quindi  concludere  che  essa  lede  la  garanzia  eretta
dall'art. 2 Costituzione a presidio inviolabile della persona.». 
    Come rilevato da attenta  dottrina  le  norme  limitatrici  della
responsabilita'    del    vettore    aereo     vennero     dichiarate
costituzionalmente illegittime non perche' fissassero  un  limite  al
risarcimento, ma perche' non  realizzavano  l'«equo  contemperamento»
tra l'interesse della vittima al risarcimento integrale e quello  del
vettore  aereo  allo  svolgimento   della   propria   attivita',   in
particolare non  fissando  ne'  un  meccanismo  che  garantisse  alla
vittima la certezza del ristoro (ad esempio per  una  responsabilita'
oggettiva), ne' criteri di adeguamento dell'importo del massimale. 
    Si tratta a questo punto di vedere se l'art. 139 del codice delle
assicurazioni violi  o  meno  l'art.  2  della  Costituzione  facendo
applicazione dei principi come sopra affermati: premesso  dunque  che
la semplice previsione di un tetto risarcitorio non  puo'  costituire
di per se violazione del richiamato  art.  2  Cost.,  occorre  allora
vedere se tale norma realizzi l'equo contemperamento degli  interessi
in gioco. 
    Ma il contemperamento degli interessi in gioco si deve  ammettere
che da tale norma non e' stato realizzato, visto che a  fronte  della
rigida limitazione risarcitoria imposta  al  danneggiato  questi  non
ottiene alcun  vantaggio  diretto  od  indiretto  nei  confronti  del
responsabile o del suo assicuratore come potrebbe essere  ad  esempio
una responsabilita' oggettiva  dell'assicuratore  stesso,  ne  si  e'
avuta  una  riduzione  dei  premi  assicurativi   che   sono   invece
notevolmente lievitati pur a fronte di una  riduzione  dei  sinistri,
come piu' volte rimarcato dalla stampa specializzata. 
    Non pare poi ragionevole sostenere che l'interesse  all'esercizio
dell'attivita'  assicurativa  possa  essere  ritenuto  preminente  su
quello   all'integrale   risarcimento   del   danno   alla   persona,
risarcimento che e' pur sempre collegato  alla  tutela  della  salute
come   fondamentale   diritto   dell'individuo.   In   sostanza,   la
sproporzione  del  trattamento  delle  rispettive  posizioni  risulta
evidente tanto piu' se si considera anche che l'assicuratore ha  gia'
ottenuto  un  vantaggio,  sul  piano  commerciale,  dall'introduzione
dell'obbligatorieta'  dell'assicurazione  contro  il  rischio   della
responsabilita' civile per la circolazione  dei  veicoli.  A  maggior
ragione,  diventa  dunque  ingiustificabile  il  subordinare  diritti
costituzionalmente garantiti dall'art.  32  della  Costituzione  agli
interessi economici di singoli soggetti privati ed alle  loro  scelte
imprenditoriali ed organizzative. 
    Lamentare infine che la mancanza  di  una  tabella  di  base  sia
inaccettabile per gli  attuari  delle  assicurazioni  impedendo  loro
previsioni certe dimentica, da  un  lato,  che  l'eventuale  adozione
della tabella di Milano come prospettato con la nota  sentenza  della
Cassazione n. 12408/2011 limiterebbe certo tale supposta difficolta',
e dall'altro, che la possibilita' di analisi di decisioni di svariati
Tribunali consentirebbe, pur sempre, di  giungere  ad  evidenziare  i
valori medi delle liquidazioni come d'altronde venne fatto negli anni
70 dello scorso secolo per ottenere delle indicazioni sul  valore  da
attribuire al singolo punto di danno  biologico  appena  riconosciuto
dalla giurisprudenza genovese. 
    Di   conseguenza,   si   deve   rilevare   l'assenza    dell'equo
contemperamento tra i contrapposti interessi che come si e' visto  e'
il presupposto della legittimita' costituzionale di  qualsiasi  norma
limitativa del diritto al risarcimento e da cio' deriva il  contrasto
dell'art.  139  cod.  assic.  con  il   richiamato   art.   2   della
Costituzione. 
    A conclusioni similari, sia pur esaminando il problema da diversa
angolatura, e' pervenuta la giurisprudenza di  merito  laddove  venne
precisato: «Da piu' parti ci si e' interrogati,  tenuto  conto  della
valenza costituzionale del risarcimento del danno alla persona,  alla
luce del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione e del principio
della necessaria integralita' del risarcimento, circa il  rischio  di
illegittimita'  costituzionale   dell'introduzione   di   limitazioni
massime al risarcimento del danno  alla  persona,  che  non  appaiano
ragionevolmente giustificate da  un  interesse  pubblico  di  rilievo
costituzionale. 
    Almeno  in  linea  di  principio  non  sembra  da  escludersi  la
sussistenza di un apprezzabile interesse pubblico all'introduzione di
un limite legale massimo al risarcimento, al fine di stabilizzare  il
mercato assicurativo e soprattutto di garantire una certa uniformita'
dei  risarcimenti  sul  territorio  nazionale  di  una  loro   minima
prevedibilita' da parte degli operatori del settore. 
    Il riconoscimento astratto dell'ammissibilita'  dell'introduzione
di soglie-limite, di per se' non contrastanti  con  la  Costituzione,
non significa pero' che il legislatore non debba rispettare parametri
di ragionevolezza per introdurre le soglie. 
    E' in tale scenario che matura il sospetto di incostituzionalita'
delle norme di cui agli articoli 138 e 139 Codice delle Assicurazioni
ove le stesse fossero reinterpretate alla luce del "nuovo" art.  2059
del codice civile cosi' come concepito dalle Sezioni Unite.» (  cosi'
in motivazione Corte d'Appello di Torino 30 ottobre 2009, n. 1315). 
    2)  Violazione  dell'art.  3  comma  1  della  Costituzione   con
riferimento all'eziologia del danno ed al soggetto danneggiante. 
    Sotto  questo  aspetto  si  puo'  ricordare  che   in   dottrina,
criticando l'art. 5 della legge n. 57/2001,  si  sia  osservato  come
tale norma  apparisse  difficilmente  compatibile  con  il  combinato
disposto degli articoli 3 e 32 Cost. perche' se la salute e' un  bene
dell'individuo e tutti gli individui sono  uguali  non  si  comprende
perche' una stessa lesione debba essere risarcita in modo  diverso  a
seconda che derivi da un sinistro stradale come nel  caso  de  quo  o
abbia altra genesi. 
    Identico  ragionamento  puo'  ora  venir  fatto   nei   confronti
dell'art. 139 codice delle assicurazioni il  cui  disposto  vale  nei
confronti dei danni alla persona conseguenti  alla  circolazione  dei
veicoli  ed  in  caso  di  azione  diretta  del  danneggiato   contro
l'assicuratore non essendovi ragione per discostarsi anche da  quanto
affermato dalla  Corte  costituzionale  nella  propria  ordinanza  n.
434/2004 in riferimento all'art. 5 della  legge  n.  57/2001  laddove
preciso' che detta noma nella parte in cui disciplina la liquidazione
delle micropermanenti «... e' applicabile soltanto all'azione diretta
del danneggiato nei  confronti  dell'assicuratore  e  non  anche  nel
rapporto tra danneggiato e  danneggiante,  che  e'  indipendente  dal
contratto assicurativo ...». 
    Ed allora identica lesione  puo'  venir  risarcita  ora  con  gli
importi di cui al d.m. 17 giugno 2011 se conseguente  a  circolazione
dei veicoli mentre puo' venir risarcita con i  criteri  di  cui  alla
tabella adottata dal Tribunale di Milano, (come deciso  da  Cass.  n.
12408/2011), se conseguente ad altra e diversa causa, come cadere  in
una buca stradale, eccetera. 
    Ma le differenze in termini monetari  risultano  notevoli  se  si
pensa che nel  primo  caso  in  forza  del  punto  base  del  decreto
ministeriale ad un soggetto di dieci anni che abbia riportato  un  1%
di invalidita' da circolazione, viene corrisposto euro 759,04 (con  i
valori di cui al d.m. 17 giugno 2011) mentre allo stesso soggetto che
abbia riportato sempre un'invalidita' dell'1%  cadendo  in  una  buca
puo' venir corrisposto (con  le  attuali  tabelle  del  Tribunale  di
Milano) l'importo di euro 1.313,00 e con l'aumentare dell'invalidita'
le differenze risultano ancora maggiori se si pensa che un 9%  in  un
soggetto di 24 anni con la tabella ministeriale viene  risarcito  con
euro 14.612,28 e con euro 19.160,00 con la tabella di  Milano,  salvo
l'incremento  equitativo  in  relazione  alle  condizioni  soggettive
dell'infortunato. 
    La differenza di trattamento in presenza di identiche situazioni,
che consegue a quanto appena rilevato, risulta  allora  evidente  con
conseguente violazione dell'art. 3 comma 1 della Costituzione. 
    Quanto appena  rilevato  si  riflette  anche  nei  confronti  del
soggetto  tenuto  al  risarcimento,  posto  che  se  questi   e'   un
assicuratore contro il quale  sia  stata  proposta  l'azione  diretta
sara' obbligato ad un risarcimento calcolato con  i  criteri  di  cui
alla  tabella  ministeriale,  mentre  tanto  non  avverra'   per   il
danneggiante tenuto a sensi dell'art.  2043  e  seguenti  del  codice
civile proprio come e' avvenuto nel giudizio a quo  ove  l'attore  ha
cumulato  l'azione  diretta  nei  confronti   dell'assicuratore   con
l'ordinaria   azione   aquiliana   nei   confronti   del   conducente
proprietario del mezzo sul quale era trasportato. 
    Ma le  conseguenze  di  tale  situazione  possono  avere  effetti
particolari anche nei confronti dell'assicuratore che sia  tenuto  in
forza di un  contratto  per  garanzie  che  non  consentano  l'azione
diretta contro di esso. 
    Puo' di fatto accadere che un  soggetto  tenuto,  ad  esempio,  a
sensi dell'art. 2051 del codice civile per danno cagionato da cose in
custodia od a sensi  dell'art.  2052  del  codice  civile  per  danno
cagionato da animale, venga convenuto in giudizio per  rispondere  di
danni a persona dei quali sia responsabile a sensi di dette  norme  e
venga condannato al risarcimento degli stessi; ma la  quantificazione
di detti danni non potra' essere effettuata  con  i  criteri  di  cui
all'art. 139 codice delle assicurazioni tanto piu'  dopo  il  recente
insegnamento della Suprema Corte che  ha  esteso  l'applicazione  dei
criteri di cui alla tabella di Milano. 
    Ed allora al momento in  cui  il  danneggiante  -  assicurato  si
rivolgera'  alla  propria  compagnia  di  assicurazione  per   essere
manlevato dalle richieste del danneggiato, a sensi dell'art. 1917 del
codice civile, l'assicuratore si trovera' a dover intervenire per  il
risarcimento di un  danno  liquidato  con  criteri  diversi  e  quasi
sicuramente ben piu' elevati da quelli che sarebbero stati utilizzati
se il danno fosse  stato  invece  provocato  dalla  circolazione  dei
veicoli. 
    Nell'ambito dei giudizi per il risarcimento di danni alla persona
da circolazione stradale si potra' avere una  situazione  anche  piu'
complessa poiche' dopo l'intervento della Corte costituzionale con la
sentenza 19  giugno  2009,  n.  180,  la  procedura  di  risarcimento
prevista dall'art. 149 cod. assic.  si  affianca,  senza  sostituirla
obbligatoriamente, a quella ordinaria, nel senso che  al  danneggiato
e' consentito agire sia contro la propria assicuratrice che contro il
responsabile del danno, il che comporta risultati economici  diversi,
visto  che,  nel  primo  caso,  la  liquidazione  del  danno  sarebbe
vincolata ai parametri della tabella ministeriale e nel secondo  caso
si avrebbe invece una  liquidazione  con  i  piu'  favorevoli  valori
tabellari  in  uso  presso  i  vari   Tribunali,   con   evidenti   e
irragionevoli disparita' di trattamento a seconda  del  soggetto  che
venga evocato in giudizio. 
    La situazione diventa poi ancora piu' complessa nel caso  in  cui
il  danneggiato  agisca  cumulativamente  contro  l'assicuratore  con
l'azione diretta, e contestualmente contro il responsabile del  danno
a sensi degli artt. 2043-2054 del codice civile, con il risultato che
al primo puo' chiedere il risarcimento del danno da micro  permanente
ma con il limite della tabella di legge ed al secondo  puo'  chiedere
il  risarcimento  con  le  altre  tabelle  per  ottenere  il   totale
risarcimento  e  quest'ultimo  potrebbe  venir  cosi'  condannato  ad
importo superiore a quello invece posto  a  carico  dell'assicuratore
per cui per non essere poi esposto in proprio  l'assicurato  dovrebbe
porre una domanda di manleva a sensi dell'art. 1917 del codice civile
nei confronti del proprio stesso assicuratore. 
    Da   quanto   sin   qui   precisato   resta   dunque   confermata
l'irragionevolezza della scelta legislativa con  evidente  violazione
della nonna costituzionale ed in particolare dell'art. 3 comma 1. 
    3) Violazione dell'art. 3 della Costituzione  come  principio  di
uguaglianza  dinanzi  alla  legge  sotto   il   profilo   dell'uguale
trattamento di situazioni  di  fatto  diverse,  dell'art.  2  per  la
limitazione all'effettiva  tutela  giurisdizionale  conseguente  alla
limitazione al risarcimento e dell'art. 24. 
    L'art. 139 cod. assic., fissati i criteri  e  le  misure  per  il
risarcimento  del  danno  biologico  per  lesioni  di  lieve  entita'
derivanti da sinistri conseguenti alla  circolazione  dei  veicoli  a
motore e dei natanti, come precisa al suo  primo  comma,  prevede  al
comma 3 che l'ammontare del danno biologico,  liquidato  a  sensi  di
detta norma,  possa  essere  aumentato  dal  giudice  in  misura  non
superiore ad un quinto,  con  equo  e  motivato  apprezzamento  delle
condizioni soggettive del danneggiato. 
    E' appena il caso di sottolineare che, in  ogni  caso,  l'aumento
del quinto  non  puo'  prescindere  dal  concreto  accertamento,  nel
singolo  caso,  della  sussistenza  di  conseguenze   pregiudizievoli
ulteriori e diverse rispetto a  quelle  ordinariamente  derivanti  da
invalidita' dello  stesso  grado  di  quella  accertata,  e  tali  da
incidere negativamente su una qualsiasi delle attivita' vitali cui la
vittima era dedita prima del sinistro. 
    E'  evidente,  anzitutto,   che   il   differente   aumento   del
risarcimento  consentito  in  relazione  all'entita'  delle  lesioni,
potrebbe porre una certa discriminazione, visto che per le lesioni di
lieve entita' si e' mantenuto il limite del 20%  gia'  in  precedenza
prefissato, mentre per le altre si e' previsto il limite del  30%  il
che  peraltro  potrebbe  anche  essere  giustificato  dalla   maggior
importanza di queste ultime. 
    Si deve pero', rilevare, per quanto riguarda le lesioni di  lieve
entita', che e' senz'altro vero che  le  stesse  non  comportano,  in
genere,  conseguenze  pratiche  immediate   sull'attivita'   dinamico
relazionale del soggetto, ma cio' non puo' escludere la  presenza  di
casi del tutto particolari nei quali un limite alla personalizzazione
puo'  risultare  irragionevole,  come  risulta  dalle  considerazioni
svolte in precedenza laddove si e' effettuata una valutazione sia pur
non del tutto integrale del danno  attoreo  non  essendosi  calcolato
alcunche' per il danno da sofferenza soggettiva. 
    Resta comunque il fatto che in casi simili a quello in esame, nei
quali le conseguenze delle lesioni  influiscono  direttamente  ed  in
misura rilevante sulle  condizioni  soggettive  dei  danneggiati,  la
liquidazione in forza dell'art. 139 cod. non copre la  reale  entita'
del danno,  mentre  altrettanto  non  potrebbe  dirsi  per  identiche
lesioni  che  abbiano  colpito  individui  con   diverse   condizioni
soggettive.  E'  infatti,  bensi'  vero,  che  sarebbe   praticamente
impossibile trovare due soggetti  che  conducano  vite  assolutamente
identiche, ma e' altrettanto  vero  che  la  distrazione  al  rachide
cervicale provochera' disagi ben diversi a chi come l'attore pratichi
determinate attivita' rispetto a chi non le  pratichi,  con  evidente
necessita' di operare ben diverse liquidazioni. 
    E tanto evidenzia come il sistema posto in essere con l'art.  139
cod. assic. porta a trattare in maniera uguale  situazioni  di  fatto
diverse con evidente  violazione  del  principio  di  uguaglianza  di
fronte alla legge. 
    La situazione si e', pero', resa ancora piu' complessa  dopo  che
le Sezioni Unite con la sentenza 11 novembre 2008,  n.  26972,  hanno
affermato  la  natura  unitaria  ed  omnicomprensiva  del  danno  non
patrimoniale ed hanno anche precisato che «Quando il  fatto  illecito
integra gli estremi di un reato, spetta alla vittima il  risarcimento
del danno non patrimoniale,  nella  sua  piu'  ampia  accezione,  ivi
compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva  causata
dal reato. Tale  pregiudizio  puo'  essere  permanente  o  temporaneo
(circostanze  delle  quali  occorre   tenere   conto   in   sede   di
liquidazione, ma irrilevanti ai fini della  risarcibilita'),  e  puo'
sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri  tipi  di  pregiudizi
non patrimoniali (ad esempio derivanti da lesioni personali  o  dalla
morte di un congiunto): in  quest'ultimo  caso,  pero',  di  esso  il
giudice  dovra'  tener  conto  nella  personalizzazione   del   danno
biologico o di quello causato dall'evento luttuoso, mentre non ne  e'
consentita una autonoma liquidazione.». 
    Ed allora del danno non patrimoniale di cui al  caso  particolare
in   oggetto   si   dovrebbe   tenere   conto    globalmente    nella
personalizzazione del danno biologico con il limite dell'aumento  del
20%  che  finisce,  pero',  per  determinare  un   livellamento   del
risarcimento particolarmente con  riferimento  ai  risvolti  dinamico
relazionali provocati dallo stesso danno. 
    Di conseguenza, impedendosi al giudicante  di  personalizzare  la
liquidazione del danno biologico adeguandola alle caratteristiche del
singolo caso concreto con il limite suindicato che porta a  concedere
importi inadeguati, si deve ammettere la violazione anche dell'art. 2
della Costituzione determinandosi un'irragionevole  compressione  del
diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale il che porta anche  ad
una violazione dell'art. 24 della Costituzione. 
    E' appena il caso di ricordare che  nella  prassi  precedente  si
consideravano come pregiudizi distinti e separati il danno  biologico
e quello cosiddetto  morale  e  si  giungeva  ad  una  loro  separata
liquidazione, per cui  attraverso  la  liquidazione  del  secondo  si
poteva tener conto di quelle conseguenze dannose il cui  risarcimento
avrebbe potuto superare la soglia del quinto di legge. 
    Tanto rende percio' piu' complessa  l'azione  giudiziale  per  la
tutela del diritto alla  salute  pregiudicandosi  in  certi  casi  la
difesa del danneggiato con evidente  violazione  anche  dell'art.  24
della Costituzione. 
    4) Violazione dell'art. 76 della Costituzione per  la  previsione
di un limite non previsto dalla legge delega 23 luglio 2003, n. 229 
    La legge n.  229/2003  all'art.  4  dispone  testualmente:  «  Il
Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data di  entrata
in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni,  ai
sensi e secondo i principi e criteri direttivi  di  cui  all'art.  20
della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'art.  1  della
presente legge, e  nel  rispetto  dei  seguenti  principi  e  criteri
direttivi:  a)  adeguamento   della   normativa   alle   disposizioni
comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei  consumatori
e, in generale, dei contraenti piu' deboli, sotto  il  profilo  della
trasparenza delle condizioni contrattuali,  nonche'  dell'informativa
preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto,
avendo riguardo anche alla correttezza dei  messaggi  pubblicitari  e
del processo di  liquidazione  dei  sinistri,  compresi  gli  aspetti
strutturali di tale servizio ...». 
    Il codice delle assicurazioni doveva quindi tutelare i contraenti
piu' deboli con adeguata  informazione  avendo  anche  riguardo  alla
correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di  liquidazione
dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali del relativo servizio.
Ma aver riguardo alla correttezza del processo  di  liquidazione  dei
sinistri, compresi gli aspetti strutturali del servizio,  non  sembra
possa significare anche porre dei  limiti  al  risarcimento,  limite,
questo, che non risulta sia stato previsto dalla legge delega. 
    Si puo', dunque, rilevare come l'introduzione di valori tabellari
vincolanti per  il  Giudice  oltre  tutto  con  importi  notevolmente
inferiori a quelli normalmente utilizzati dai Tribunali nelle vicende
diverse da quelle di cui alla circolazione dei veicoli, si  ponga  in
posizione opposta rispetto ai criteri guida della  legge  delega  che
risultano pur sempre indirizzati  alla  tutela  del  contraente  piu'
debole  e  comunque  del  consumatore  del   servizio   assicurativo,
posizione questa che indubbiamente  puo'  rinvenirsi  nell'assicurato
che a sensi dell'art.  149  agisca  direttamente  contro  il  proprio
assicuratore per i danni  alla  persona  che  restano  contenuti  nel
limite previsto dall'art. 139 ed identico discorso potrebbe farsi, in
considerazione   degli   scopi   cui   era   diretta    l'istituzione
dell'assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti, anche  per
qualsivoglia altro soggetto danneggiato da incidente stradale. 
    Infatti, l'assicurato che come  conducente  del  proprio  veicolo
abbia riportato un danno alla persona che si sia  concretato  in  una
micro permanente, otterra' un risarcimento  che  non  necessariamente
potrebbe corrispondere al suo intero danno proprio  per  la  presenza
del  limite  al  risarcimento  previsto  dall'art.   139   richiamato
dall'art. 149, e tanto non pare in linea con la tutela del contraente
piu' debole il che' pare  oggi  contrastare  anche  con  gli  accordi
internazionali, se si pensa che la  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione Europea  (in  G.U.  23  gennaio  2008,  n.  223)  precisa
testualmente all'art. 38: «Nella politica dell'Unione e' garantito un
elevato livello di protezione dei consumatori.». Da  quanto  sin  qui
detto emerge allora come l'art.139 del  d.lgs.  n.  209/2005  risulti
costituzionalmente   illegittimo    difettando    della    necessaria
autorizzazione parlamentare  e  ponendosi  quindi  in  contrasto  con
l'art. 76 della Costituzione. 
Impossibilita'  di  un'interpretazione  costituzionalmente  orientata
della norma. 
    L'art- 139 del d.lgs. n. 209/2005  segue  di  fatto  quanto  gia'
previsto  dall'art.  5  della  legge  n.  57/2001,  come   modificato
dall'art. 23 della legge 12 dicembre  2002,  n.  273,  che  aveva  il
chiaro intento  di  contenere  i  costi  del  servizio  assicurativo,
intento che evidentemente  si  e'  inteso  proseguire  anche  con  il
predetto art. 139. 
    Il    tentativo    di     procedere     ad     un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  della  norma  non  puo'  allo   stato,
prescindere dagli attuali principi giurisprudenziali, quali  recepiti
dal diritto  vivente  ed  indirizzati  alla  personalizzazione  della
liquidazione del singolo danno alla persona ed al suo intero  ristoro
cui tende appunto tale operazione,  soprattutto  con  il  ricorso  al
criterio equitativo (come evidenziato da Cass. n.  12408/2011  che  a
tal fine fa riferimento alle tabelle milanesi). 
    Ma l'art. 139 del d.lgs. n.  209/2005  non  consente  al  Giudice
alcuna possibilita' di adeguare al caso concreto la sua  liquidazione
sia nei casi in cui gli importi previsti  da  detta  norma  risultino
inferiori alla reale entita' del danno sia  nel  caso  in  cui  detti
importi  risultino  invece  superiori,  non  potendo,  esso  Giudice,
intervenire in alcun  modo,  in  quanto  deve  adottare  un  semplice
calcolo matematico che lo limita nel suo potere equitativo.  Peraltro
e' il caso di rilevare che il  testo  originario  dell'art.  5  della
legge n. 57/2001 si limitava a precisare che «... il danno  biologico
viene  ulteriormente  risarcito   tenuto   conto   delle   condizioni
soggettive   del   danneggiato»   cosi'    consentendo    un'adeguata
personalizzazione del singolo  danno  e  che  solo  con  la  modifica
apportata a detta norma con l'art. 23 della legge n. 273/2002  si  e'
posto il limite di un quinto  all'aumento  relativo  alle  condizioni
soggettive del danneggiato impedendo di fatto l'utilizzo del criterio
equitativo quale ora evidenziato dalla Suprema Corte. 
    Non e' poi da sottacere il fatto che  l'attuale  diritto  vivente
non consente piu' la liquidazione del danno morale in casi del genere
di quello in esame e cio' ad evitare la duplicazione del risarcimento
di danni  gia'  risarciti  con  il  danno  biologico  quale  definito
dall'art. 139 cod. assic. per cui  non  e'  possibile,  nel  caso  di
specie, cercare di adeguare il risarcimento alla  reale  entita'  del
danno quanto meno liquidando al danneggiato, in  aggiunta  ai  valori
del danno biologico tabellato dalla norma, quella ulteriore parte  di
danno corrispondente alla sofferenza dell'individuo che  viene  fatta
rientrare nel danno biologico. 
    Si potrebbe  allora  cercare  di  giungere  ad  una  liquidazione
adeguata del danno sulla scorta delle allegazioni e prove fornite dal
danneggiato al fine di individuare quella norma la cui violazione  ha
provocato un danno non  patrimoniale  ovviamente  diverso  dal  danno
biologico inteso nella sua piu' ampia  accezione,  operazione  questa
che  per  le  micro  permanenti,  in  genere,  diventa  di   indubbia
difficolta' se non impossibilita'. 
    Peraltro, nel caso concreto, il giudice a  quo  ritiene  di  aver
individuato, per il solo danno da risarcire all'attore  a  titolo  di
risarcimento  della  lesione  temporanea  e   permanente   alla   sua
integrita'  psicofisica  che  esplica  un'incidenza  negativa   sulle
attivita' quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali  della  sua
vita, un'equa valutazione nell'importo  di  euro  2.940,24  ai  quali
ritiene equo aggiungere euro 300,00  per  il  pregiudizio  che  prima
dell'intervento delle Sezioni Unite si calcolava come  danno  morale.
Per contro a sensi dell'art. 139 cod.  assic.  il  giudice  non  puo'
liquidare al danneggiato che i soli importi consentiti  dalla  legge,
importi che compreso l'aumento del 20% non possono  superare,  sempre
per il solo ristoro della lesione temporanea e  permanente  alla  sua
integrita'  psicofisica  che  esplica  un'incidenza  negativa   sulle
attivita' quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali  della  sua
vita, l'importo di euro 1.740,16. 
    Non si vede quindi allo stato in  quale  modo  poter  salvare  la
norma con un'interpretazione costituzionalmente orientata. 
Sulla rilevanza  della  questione  di  illegittimita'  costituzionale
formulata. 
    Come fin qui diffusamente argomentato nel  presente  giudizio  il
remittente  ha  individuato  nella  somma  di  curo  2.940,24  (oltre
ovviamente alle spese mediche, di consulenza e di lite),  l'ammontare
della  somma  che  intende  attribuire   all'attore   a   titolo   di
risarcimento  della  lesione  temporanea  e   permanente   alla   sua
integrita'  psicofisica  che  esplica  un'incidenza  negativa   sulle
attivita' quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali  della  sua
vita. Oltre tale somma sarebbe intenzione del  giudicante  attribuire
anche l'ulteriore importo di euro 300,00 a titolo  di  danno  morale,
importo che dopo il noto intervento delle Sezioni Unite  non  gli  e'
pero' possibile riconoscere. 
    Nel presente caso l'attore,  ritiene  che  il  suo  danno  superi
l'importo offerto dall'assicuratrice e chiede per  un  suo  integrale
risarcimento adottarsi quanto meno le tabelle normalmente  utilizzate
dal Tribunale per le controversie diverse da quelle  derivanti  dalla
circolazione dei veicoli con esclusione dunque della tabella prevista
dall'art. 139 cod. assic. a  suo  avviso  non  satisfattiva  del  suo
intero danno in quanto si  limiterebbe  il  risarcimento  alla  minor
somma da essa prevista. 
    A prescindere dalle domande attoree la questione di  legittimita'
dell'art. 139 cod. assic., come in  precedenza  chiarito,  non  viene
ovviamente sollevata in relazione ai rapporti tra una norma di  legge
ed una tabella ministeriale, ma in  riferimento  alla  impossibilita'
per il remittente di provvedere  ad  un  integrale  risarcimento  del
danno sui livelli dell'equita' in  concreto  individuata  nei  valori
come sopra precisati, con riferimento a quanto risultante in atti,  a
cio' ostando i rigidi limiti della norma di legge. 
    Resta dunque il fatto che l'attuale domanda non  potrebbe  essere
esaminata  nella  sua  completezza,  laddove  si  debbano   applicare
rigorosamente i criteri dell'art. 139 cod. assic, sia nella parte  in
cui detta norma indica i valori che fungono  da  soglia  limite,  sia
nella parte in cui essa limita ad una  percentuale  prestabilita,  la
possibilita' per il giudice di procedere all'aumento del  valore  del
risarcimento. L'applicazione dei  criteri  dell'art.  139  cod.assic.
impedirebbe, infatti,di procedere ad  una  adeguata  valutazione  del
danno o meglio ad una sua personalizzazione alla luce dell'art.  2059
del codice civile come ora concepito dal  diritto  vivente  tanto  e'
vero che questo giudice ha provveduto ad evidenziare quella che a suo
avviso deve essere una liquidazione maggiormente aderente alla  reale
entita' del danno, liquidazione ben diversa  da  quella  che  sarebbe
consentita con l'applicazione dei criteri di legge. 
    E' allora evidente l'interesse della parte e dello stesso giudice
ad una pronuncia sulla legittimita' costituzionale di detta norma sia
nella parte in cui fissa una tabella inderogabile, sia nella parte in
cui non consente un'adeguata  personalizzazione  del  singolo  danno,
posto che, laddove tale norma della cui costituzionalita' si  dubita,
venisse confermata, si impedirebbe appunto una  valutazione  adeguata
della domanda impedendo, comunque, una personalizzazione  del  danno,
che finirebbe, quindi, per non  venir  integralmente  risarcito,  non
osservandosi i criteri posti a base dell'equita' dalla  piu'  recente
giurisprudenza. 
    Tanto precisato la questione di legittimita' costituzionale  come
sopra enunciata appare a questo Giudice seria  e  non  manifestamente
infondata e rilevante  nel  processo  il  cui  esito  resta  ad  essa
collegato   per   cui   lo   stesso   non   puo'   essere    definito
indipendentemente dalla sua risoluzione.